Con questa interessante pronuncia, il giudice del merito, da un lato, esclude un qualsiasi pregiudizio dall’aggiunta del cognome paterno ad un minore (stante l’assenza di una cattiva reputazione del padre e l’esistenza, anche in fatto, di una relazione interpersonale tra padre e figlio). Inoltre il minore non è ancora in una fase adolescenziale o preadolescenziale e non ha ancora acquisito una definitiva e formata identità tale da sconsigliare l’aggiunta del patronimico.
Suprema Corte di Cassazione sezione I
sentenza 10 dicembre 2014, n. 26062
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente
Dott. BENINI Stefano – Consigliere
Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS),
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 – Con il decreto indicato in epigrafe la Corte di appello di Bari ha rigettato il reclamo proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso il decreto del Tribunale per i Minorenni di Bari in data 10 gennaio 2013 con il quale era stato disposto che al loro figlio (OMISSIS), nato il (OMISSIS), riconosciuto dal padre nel luglio dell’anno (OMISSIS), fosse attribuito, in aggiunta, il cognome paterno.
1.1 – A giudizio della Corte territoriale, secondo la novellata disposizione contenuta nell’articolo 262 c.c., la richiesta delle parti aveva natura eccezionale, in quanto solo allorché l’aggiunta o la sostituzione del cognome paterno arrechi al minore un concreto e comprovato pregiudizio, il giudice può escluderla.
Nel caso di specie non sarebbero emerse controindicazioni all’assunzione del cognome paterno, dovendosi anzi ritenere che da tale soluzione il minore avrebbe dovuto trarre vantaggio, considerato anche il valore, dal punto di vista sociale, della figura paterna.
1.2 – Per la cassazione di tale provvedimento i signori (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso, affidato a tre motivi, illustrati da memoria. La parte intimata non svolge attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2 – Con il primo motivo, denunciandosi violazione dell’articolo 262 cod. civ., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si sostiene che con la decisione in esame si sarebbe, da un lato, affermata una prevalenza del patronimico che non trova riscontro nel quadro normativo vigente e, dall’altro, non si sarebbe tenuto conto del diritto del minore a conservare il matronimico, ormai assurto a segno distintivo dell’identità personale.
2.1 – Con il secondo mezzo la violazione della norma sopra indicata, nonché dell’articolo 155 cod. civ. viene prospettata sotto il profilo dell’erroneità dell’attribuzione al patronimico di un favor che non troverebbe riscontro ne’ nella normativa di riferimento, ne’ nella prevalente giurisprudenza di legittimità.
2.2 – Con la terza censura, denunciandosi violazione e falsa applicazione dell’articolo 262 cod. civ., commi 2 e 3, in relazione agli articoli 2 e 22 Cost., si ribadisce che l’interpretazione compiuta dalla Cote di appello, sostanzialmente incentrata sulla prevalenza del patronimico, contrasterebbe non solo con gli impegni assunti dal nostro Paese in sede sovranazionale, ma accorderebbe priorita’ a una visione dell’attribuzione del cognome in funzione del collegamento con il nucleo familiare, in luogo del necessario riferimento all’esigenza di preservare l’identita’ personale, anche in funzione dell’eta’ del minore, il quale, per altro, cosi’ come entrambi i genitori, si era espresso per la conservazione del solo matronimico.
3- Il ricorso è infondato.
Al di la’ di alcuni profili di natura motivazionale, che debbono correggersi ai sensi dell’articolo 384 cod. proc. civ., e che possono individuarsi nell’erroneo riferimento alla necessita’, e non alla facoltà, di attribuire, anche in aggiunta, il cognome del genitore che effettua il secondo riconoscimento ed a qualsiasi richiamo a discipline diverse da quella prevista dall’articolo 262 cod. civ., la decisione impugnata deve ritenersi sostanzialmente corretta ed esente da vizi rilevabili in questa sede.
4 – Questa Corte, invero, ha affermato che poiché i criteri di individuazione del cognome del minore si pongono in funzione esclusiva del suo interesse, che e’ essenzialmente quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della sua personalità sociale, e poiché l’articolo 262 cod. civ. disciplina autonomamente e compiutamente la materia, la scelta del giudice non può essere condizionata ne’ dal favor per il patronimico, ne’ dall’esigenza di equiparare almeno tendenzialmente il risultato a quello derivante dalle diverse regole, non richiamate dal citato articolo, che presiedono all’attribuzione del cognome al figlio legittimo o legittimato (del Decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, articolo 33), delle quali, peraltro, sono stati già evidenziati profili di non aderenza al dettato costituzionale ed alle norme sovranazionali (cfr. fluida ultimo, Corte Cost. 2006 n. 61; Cass., ord., 2008 23934).
5 – Tanto premesso, deve rilevarsi che la questione dell’attribuzione del cognome nell’ipotesi del secondo riconoscimento ad opera del padre non ha subito, nell’evoluzione del quadro normativo, pure invocata dai ricorrenti, una sostanziale modifica, in quanto con il Decreto Legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 e’ stato previsto, in conformità a una linea interpretativa già proposta in relazione alla precedente formulazione della norma, che il figlio “può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre”.
Non e’ chi non veda come la possibilità di anteporre il cognome del genitore che effettua il secondo riconoscimento, che non rileva nel presente giudizio, essendosi nella specie disposto che il cognome del padre fosse aggiunto a quello della madre, costituisca l’espressione dell’ampliamento delle valutazioni e delle scelte che, nella delicata materia in questione, debbono essere adottate nell’esclusivo interesse del minore.
6 – In linea generale, la tendenziale abolizione del solo patronimico, da sostituirsi, secondo proposte che trovano riferimento in vari ordinamenti e che – de iure condendo – stanno affermandosi anche nel nostro, si colloca in un ambito culturale e giuridico del tutto differente dal denunciato “favor” per il solo patronimico, che costituisce il dato fondante, ma non pertinente nella specie, delle doglianze dei ricorrenti.
Ed invero, premesso che la pur invocata pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in data 7 gennaio 2014 non attiene alla fattispecie in esame, la questione, nei termini astratti proposti nel ricorso, può trovare adeguata risposta nella giurisprudenza di questa Corte, laddove si e’ affermato che il diritto al nome costituisce uno dei diritti fondamentali della persona, avente copertura costituzionale assoluta, quale strumento identificativo di ogni individuo. E’ stato poi precisato che la ratio della norma non va individuata nell’esigenza di rendere la posizione del figlio naturale quanto più simile possibile a quella del figlio legittimo, ma in quella di garantire l’interesse del figlio a conservare il cognome originario se questo sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale in una determinata comunità. L’organo giurisdizionale deve pertanto aver riguardo al modo più conveniente di individuare il minore in relazione all’ambiente in cui e’ cresciuto sino al momento del riconoscimento da parte del padre, ed e’ chiamato ad emettere, prescindendo da qualsiasi meccanismo di automatica attribuzione del cognome dell’uno o dell’altro genitore, un provvedimento contrassegnato da ampio margine di discrezionalità e frutto di libero e prudente apprezzamento, nell’ambito del quale assume rilievo centrale non tanto l’interesse dei genitori, quanto quello del minore ad essere identificato nel contesto delle relazioni sociali in cui si trova inserito. Ne consegue che, oltre che nei casi in cui ne possa derivare un diretto pregiudizio al minore in ragione della cattiva reputazione del padre, l’assunzione del patronimico con esclusione del cognome materno non può essere disposta quando l’esclusione di detto cognome, ormai naturalmente associato al minore nel contesto sociale in cui egli si trova a vivere, si risolva in una ingiusta privazione di un elemento distintivo della sua personalità (Cass., 1 agosto 2007, n. 16989; Cass., 26 maggio 2006, n. 12641).
Si e’ quindi affermato che legittimamente viene disposta l’attribuzione al minore, in aggiunta al cognome della madre, di quello del padre, allorché il giudice del merito, da un lato, escluda la configurabilità di un qualsiasi pregiudizio derivante da siffatta modificazione accrescitiva del cognome (stante l’assenza di una cattiva reputazione del padre e l’esistenza, anche in fatto, di una relazione interpersonale tra padre e figlio), e, dall’altro lato, consideri che, non versando ancora nella fase adolescenziale o preadolescenziale, il minore, tuttora bambino, non abbia ancora acquisito con il matronimico, nella trama dei suoi rapporti personali e sociali, una definitiva e formata identità, in ipotesi suscettibile di sconsigliare l’aggiunta del patronimico” (Cass., 5 febbraio 2008, n. 2751).
7 – Chiarito che, in linea di principio, la statuizione impugnata non si colloca su un versante difforme dagli orientamenti di questa Corte, deve ribadirsi, per altro verso, che l’ampia discrezionalità attribuita, nei termini sopra indicati, al giudice del merito, comporta che tale decisione – da maturare nell’esclusivo interesse del minore, tenendo conto della natura inviolabile del diritto al cognome, tutelato ai sensi dell’articolo 2 Cost. – e’ incensurabile in cassazione, se adeguatamente motivata (Cass., 17 luglio 2007, n. 15953).
Sotto tale profilo deve rilevarsi che non risulta denunciato alcun vizio motivazionale, per altro, avuto riguardo alla modifica dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 applicabile “ratione temporis”, virtualmente soggetto alle limitazioni introdotte dalla nuova disciplina.
8 – Non va adottata alcuna statuizione in merito al regolamento delle spese processuali, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi.
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